I Vitigni Tipici Siciliani per Vini autentici e raffinati.
I Vitigni Autoctoni Tipici Siciliani per Vini autentici e raffinati.
E’ innegabile e fonte di profonda soddisfazione che la Sicilia stia attraversando in questi ultimi decenni un vero e proprio Rinascimento della Vitivinicoltura. Sempre più i vini isolani conquistano l’affetto ed il palato non solo di un vasto pubblico di Wine Lovers ma anche della critica di intenditori del settore che hanno iniziato ad amare, stimare e premiare i vini prodotti in Sicilia. Infatti non è raro, anzi frequente, che i vini siciliani riscontrino successo sia a livello nazionale che internazionale.
Dalla notte dei tempi, i vari popoli che hanno avuto la fortuna di approdare in Sicilia ne hanno da subito compreso le sue grandi potenzialità per la coltivazione della vite, tanto che i Greci antichi usavano chiamare la Sicilia “Enotria”: “la terra del vino” e continuarono il lavoro intrapreso dai Fenici, perfezionando la produzione di vino d’alta qualità, anche importando vitigni mediterranei scoperti nelle terre del bacino mediterraneo che ben si adattarono nelle terre della Magna Grecia.
Emblematica la storia del Nero d’Avola, Importato dai greci e impiantato lungho le coste aride e sabbiose della Sicilia Sud-orientale e precisamente nei territori che oggi chiamiamo Agro d’Avola. Non solo, ma quelle antiche stirpi mediterraneee potenziarono la produzione di uve da vitigni già presenti in terra di Sicilia, i cosiddetti vitigni autoctoni dell’isola, presenti nei territori scoperti da cui trarre buon vino.
In tempi più recenti navigatori e commercianti di tutta Europa solevano buttare l’ancora lungo le coste della Sicilia per approviggionarsi del buono e pregiato nettare delle uve siciliane, per tagliare i loro vini nordici.
Il Nuovo Rinascimento della Vitivinicoltura siciliana contemporanea ha avuto inizio dopo il secondo dopoguerra. Coloro che si dedicavano alla coltura delle viti e alla produzione dei loro vini decisero di “metttersi in proprio”, così abili agricoltori e abili imprenditori hanno iniziato a dare nuovo lustro al vino siciliano. Non solo ma anche professionisti del settore, enologi ed agronomi del Continente hanno saputo dare sempre più attenzione alla realtà vitivinicola siciliana, affrontando la sfida di confrontarsi con le uve di Enotria.
Nascono così, oggi, i mirabili vini siciliani, frutto della passione e del duro lavoro in vigna e in cantina, di siciliani che si pregiano del successo che ottengono e dell’attenzione di esperti del settore attirati nell’isola dalle sue potenzialità e dalla sua naturale vocazione a creare dei vini autentici e raffinati, che godono di condizioni pedoclimatiche, natura dei suoli e clima favorele, che dotano le uve autoctone di straordinarie qualità e proprietà, le quali conquistano le mense festose apparecchiate per familiari, ospiti ed amici, sia per un pasto formale che per una grigliata fra amici di sempre.
Grecanico Dorato, un vitigno antico e misterioso. ll Grecanico Dorato è un vitigno antico, le cui origini e la diffusione geografica sono avvolte da un affascinante alone di mistero. Fino a pochi anni fa se ne attribuiva un’origine prevalentemente greca. I Greci introdussero varie tipologie di vitigni in Sicilia già dal VII secolo avanti Cristo e questo sembrava il caso anche del Grecanico Dorato. Infatti, oltre all’ovvio riferimento insito nel nome, l’introduzione del vitigno in Sicilia dai parte dei Greci era attestata anche dalla la diffusione dello stesso in alcune aree note come insediamenti agricoli greci.
La vite di Grecanico Dorato dal punto di vista vegetativo ha caratteristiche distintive chiare. La pianta presenta una vigoria contenuta con un germogliamento tardivo nella seconda metà di aprile, fioritura nella seconda metà di giugno e maturazione nella seconda metà di ottobre.
I vini ottenuti da Grecanico Dorato presentano un colore giallo paglierino intenso con evidenti note dorate. Al naso il profumo è subito di impatto, con note evidenti floreali, di frutta bianca, mela, pera, ananas, frutti tropicali e mandorla amara.
Al gusto risulta caldo o abbastanza caldo, arricchito da una struttura morbida e abbastanza sapido, è fresco ed equilibrato. In alcuni casi, grazie proprio alla struttura acida, riesce ad esprimere le proprie potenzialità anche dopo i dieci anni.
I vini ottenuti dal Grecanico Dorato sono ideali per accompagnare paste a base di sughi bianchi di pesce, con le vongole, alla Catanese (con sarde e finocchietto selvatico), tempura di gamberi, sashimi mediterraneo, arancine siciliane al ragù di carne e di spinaci, parmigiana, polpette di carne fritte.
Catarratto. Vitigno storico della Sicilia dove si coltiva da tempi immemorabili. Detto dal volgo “Catarrattuvrancu”, viene descritto da Cupani (1696) e Sestini (1760). Il Pastena (1970) indica quattro catarrati coltivati in Sicilia. Largamente diffuso in tutta l’Isola, la sua coltivazione è particolarmente concentrata nelle province di Trapani e di Palermo.
Le uve del Catarratto entrano nella composizione di moltissimi vini bianchi siciliani. Il vino è di colore giallo paglierino tendente al dorato, profilo aromatico con lievi sentori fruttati e note floreali, al gusto si caratterizza per l’importante alcolicità e la buona struttura, sapore neutro, mediamente acido e tendenzialmente morbido.
Il Catarratto, nei suoi cloni bianco lucido e bianco comune, è il più diffuso tra i vitigni a bacca bianca siciliani, con coltivazioni presenti in ogni angolo dell’isola. La sua diffusione è dovuta soprattutto alla sua vigoria e le alte rese, dei vigneti hanno snaturato la potenzialità del vitigno, i cui vini potenzialmente sono in grado di dare una grandissima eleganza assieme a grande bevibilità. Si possono infatti trovare vini bianchi da Catarratto dotati di grande profondità, sapidità ed eleganza. Il Catarratto rientra anche nella composizione del Marsala, per la ricchezza dei suoi profumi e per il suo comportamento all’ossidazione, che lo porta ad assumere la tipica colorazione maderizzata, dai toni molto maturi e decadenti.
I vini bianchi fermi prodotti con uve di Catarratto sono generalmente freschi, di media struttura, con acidità e grado alcolico moderati. Al naso presentano note agrumate e floreali (buccia di limone, arancia amara e fiori di zagara), sentori di frutti tropicali come ananas e frutto della passione con un in più un nota erbacea e lievemente fruttata. Un’eccellente sapidità e marcate sensazioni minerali possono talvolta condurre ad una chiusura lievemente amarognola.
Per la degustazione del Catarratto si consiglia di stappare la bottiglia una mezz’ora prima, per favorire l’ossigenazione di eventuali note di riduzione dovute al processo di vinificazione. Utilizzare un calice di dimensioni medie a luce sufficientemente larga per favorire la diffusione dei profumi. Temperatura di degustazione, 10-12°C. Per la degustazione delle versioni spumantizzate o frizzanti, seguire le regole generali per queste tipologie, con una temperatura di degustazione 6-8°C, flûtes o bicchieri più ampi per la valutazione dei profumi.
Il Catarratto si presenta generalmente di un colore giallo paglierino, più o meno intenso, a volte con dai riflessi verdolini, di grande trasparenza, con spuma fine e persistente nel caso della tipologia spumantizzata, più evanescente nei frizzanti.
Il Catarratto ha profumi molto intensi e grande complessità, con note fruttate delicate di pesche bianche, frutta tropicale, miele, mandorle, frutta candita, floreale, con note di zagara, gelsomino e ricordi di prati in fiore, in un sottofondo delicatamente agrumato, più intenso nelle versioni spumantizzate. . I vini che trovano il giusto equilibrio tra maturazione fenolica, acidità e contatto con le bucce risultano di grande piacevolezza gusto-olfattiva.
Al palato il Catarratto si presenta in genere sapido, leggero, morbido ma sostenuto da una decisa acidità. Solitamente equilibrato e abbastanza persistente, con chiusura minerale e con ricordi freschi e floreali. Come all’olfatto, anche al palato il Catarratto è un vino prorompente, dalla struttura imponente e dalla grande persistenza, con spesso nel finale note di malto e resina di pino. La tradizione era solita sottolineare queste caratteristiche in modo estremo, mentre i vini più moderni, freschi e dinamici, risultano equilibrati e piacevoli.
Sapidità, acidità e struttura del Catarratto invitano ad osare abbinamenti importanti, come piatti di carni bianche, anche di maiale, torte salate con salumi, vitello tonnato. Le versioni più fresche e beverine si abbinano con pietanze leggere e delicate, come ad esempio antipasti sia di mare che a base affettati delicati o verdure o piatti di portata a base di crostacei, e pesce in generale.
DOC: Alcamo, Contea di Sclafani, Contessa Entellina, Delia Nivolelli, Erice, Etna, Monreale, Salaparuta, Sambuca di Sicilia, S. Margherita di Belice.
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Uve Carricante
Il Carricante è il più diffuso vitigno a bacca bianca della provincia di Catania, autoctono dell’Etna, dove cresce fino a 750-950 metri sul livello del mare, dove il Nerello Mascalese fatica a maturare.
Entra nella costituzione dell’Etna Bianco DOC (60%) ed dell’Etna Bianco Superiore DOC (80%). Qui la natura del terreno è strettamente vulcanica, formata dallo sgretolamento di diversi tipi di lava e da materiali eruttivi più recenti quali i lapilli, ceneri e sabbie.
Inoltre la vicinanza al mare aiuta l’accumulo di sostanze minerali, come il cloruro di sodio e questo si riflette sul vino. I vini ottenuti dal vitigno Carricante sono contraddistinti da un’elevata acidità fissa e da un notevole contenuto in acido malico, tanto è quasi indispensabile far svolgere al vino la malolattica.
Il vitigno Carricante dà origine a grandi vini bianchi d’inaspettata longevità (oltre 10 anni), in cui predominano sensazioni fruttate di mela, zagara, anice, insieme ad una tipica freschezza che gli conferisce struttura e longevità. Per la finezza che è in grado di conferire ai vini viene spesso vinificato insieme ad altri vitigni autoctoni come il Catarratto, l’Inzolia, la Minella, o internazionali come lo Chardonnay. A volte lo si può trovare vinificato assieme ad uve a bacca scura, come il Nerello mascalese. In origine tale usanza era diffusa nelle contrade più elevate della zona etnea, dove il Nerello Mascalese maturava con più fatica.
Il vino Sicilia DOC Carricante è una delle tipologie di vino previste dalla denominazione , una DOC della regione Sicilia. Le caratteristiche organolettiche del Sicilia DOC Carricante prevedono un colore Giallo paglierino. Il profilo olfattivo del vino Sicilia DOC Carricante è caratteristico, floreale e al palato risulta secco, fresco, di medio corpo.
Quella che abbiamo appena presentato è solo una selezione indicativa di Vini a Base di Uve Carricante. Scopri l’intero assortimento di vini siciliani a base di uve Carricante.
Uve Malvasia, l’oro di Sicilia
Malvasia, l’oro della Sicilia.
Vino molto particolare, tipico siciliano. Sikanfood lo vende online nella sua versione secca o dolce. Un vino importante di rara qualità, da sempre apprezzato dagli intenditori che lo stimano per la perfetta interpretazione dei territori dove viene prodotto.
Il vino Malvasia bianco si caratterizza per il suo profumo molto delicato. Alla vista si presenta di colore giallo paglierino con delle sfumature dorate, più o meno intense. Il vino ha una buona consistenza e una struttura importante.
La popolarità della Malvasia, nella storia, valica abbondantemente i confini del Belpaese, ed è legata a all’importanza di Venezia come città commerciale. E’ grazie ai suoi commercianti che la Malvasia diventa un vino conosciuto, apprezzato ed amato ovunque, senza dubbio il vino più popolare della Vecchia Europa, basti pensare che a due passi da Piazza San Marco c’è… Calle de la Malvasia. A Venezia, una volta, i bar si chiamavano “Malvasie”.
l Malvasia delle Lipari sono vini DOC, la cui produzione è consentita solo all’interno dell’arcipelago delle Isole Eolie, in Sicilia. I vigneti sono sempre stati coltivati su caratteristici terrazzamenti costruiti utilizzando muretti di pietra lavica tipica del territorio. Il Malvasia Si ottiene utilizzando uve fresche ed il suo affinamento in bottiglia ha la durata di almeno un anno. Alla vista si presenta con un colore le cui sfumature vanno dal giallo dorato all’ambrato e la sua gradazione minima deve essere di 11,5 gradi.
Frappato siciliano, caratteristiche e suoi vini
Il Frappato è un vitigno presente in tutta la Sicilia, ma essenzialmente nella provincia di Siracusa e in quella di Ragusa, essendo di fatto poco diffuso nelle altre province siciliane. Il vino più famoso cui dà origine è il Cerasuolo di Vittoria, unico vino Siciliano ad avere ottenuto la DOCG, nel quale il Frappato è presente in uvaggio dal 30 al 50%, accompagnato dal Nero d’Avola. L’uvaggio dà vita a vini particolarmente armonici, essendo il Nero d’Avola più robusto e tannico, mentre il Frappato è più leggero e profumato. Il Frappato rientra anche nelle tipologie delle DOC Alcamo, Eloro, Erice e Vittoria, comprese nelle province di Ragusa, Siracusa e Catania.
I vini a base di Frappato in purezza o presente in uvaggio in una percentuale significativa sono in genere freschi e leggeri, beverini molto versatili negli abbinamenti fino in alcuni casi a sostituirsi ai vini bianchi in accostamenti piuttosto audaci. Vinificato assieme al Nero d’Avola, che gli dona struttura e personalità, può dar vita ad interpretazioni più austere, con profili gusto-olfattivi più marcati.
Per il Frappato è consigliabile l’apertura della bottiglia circa un’ora prima della degustazione. Utilizzare un calice di dimensioni medio-grandi, baloon o a luce ampia per permettere la diffusione dei profumi. Come temperatura di degustazione consigliamo circa 16-18°C. Vista la freschezza e la facilità di beva di questo rosso Siciliano, a qualcuno potrà piacere anche servito ad una temperatura fino ad un paio di gradi in meno.
I vini a base di Frappato si presentano in genere di un colore rosso rubino scarico, quasi trasparente, brillante, di media consistenza. All’olfatto il Frappato si caratterizza per le note fresche e vinose, spesso minerali, cui seguono sentori fruttati di marasca ed amarene, su di un sottofondo di mirtilli ed altri piccoli frutti di bosco. Al palato per il Frappato dominano le sensazioni sapide e saline, la struttura è buona, il tannino morbido e non molto marcato. La persistenza è buona e di solito i ricordi si focalizzano nelle note di mirtillo e lampone.
Il Frappato essendo un vino generalmente leggero e di buona e facile bevibilità, è molto versatile negli abbinamenti, sia in antipasto o primi piatti saporiti, zuppe di pesce, tonno, pesce spada, pesce azzurro, ma anche carni nel caso di versioni più strutturate di Frappato come il Cerasuolo di Vittoria DOCG.
In precedenza abbiamo scritto molto su questo argomento, date un occhiata a questi altri articoli del nostro Blog Vini e dintorni che parlano del Frappato:
Il Frappato: Vitigno tipico Siciliano e i suoi vini
Cerasuolo di Vittoria DOCG Vanto di Sicilia
Quella che abbiamo appena presentato è solo una piccola selezione di vini a base di uve Frappato. Scopri l’intera collezione di Vini a base di Frappato nella nostra fornitissima Enoteca online Sikanfood.
Uve Grillo, caratteristiche e suoi vini
Il Grillo è uno dei vitigni siciliani più conosciuti, diffuso in tutta l’isola ma soprattutto nella zona di Trapani, nella Sicilia occidentale, dove ormai domina tutta la produzione di uve a bacca bianca. Il motivo è che il Grillo è un vitigno dalle buone rese, è resistente, in grado di dare vini robusti ma al tempo stesso molto profumati ed intensi. Sono vini ideali per la produzione del Marsala, ma anche vini bianchi da consumarsi tutti i giorni. La sua grande diffusione fa si che si possano incontrare sia vini leggeri, freschi e piuttosto slavati, che interpretazioni di grande struttura e personalità.
Il Grillo è un vino che racchiude i sapori e i colori della Sicilia, con la sua intensa colorazione, il frutto a polpa gialla maturo, una caratteristica sapidità, la mineralità delle rocce, il sentore marino di alghe, le ginestre e i fiori della campagna siciliana. Il Grillo è però un vino dalla struttura molto importante, con un grado alcolico alto, che rischia di pregiudicare la finezza del vino. Lo spessore della buccia che caratterizza i suoi acini impone una certa macerazione dopo la spremitura Inoltre la tendenza dei mosti ad una rapida ossidazione possono portare alla perdita di acidità e ad ottenere vini piuttosto pesanti. Il Grillo è quindi un vitigno che dal punto di vista enologico ha tanto da offrire, purché si sia in grado di domarlo. Queste caratteristiche aprono la strada alla capacità di questi vini di dare risultati sorprendenti anche nel tempo. Ampio al naso, conferma al palato tutte le sensazioni visive ed olfattive. In generale sono vini di corpo, armonici e dotati di ottima persistenza.
Il Grillo si degusta avendo cura di stappare la bottiglia una mezz’ora prima dell’assaggio, per favorire l’ossigenazione di eventuali note di riduzione dovute al processo di vinificazione. Utilizzare un calice di dimensioni medie a luce sufficientemente larga per favorire la diffusione dei profumi. Temperatura di degustazione, 8-10°C, in funzione della tipologia e della struttura del vino.
Il Grillo si presenta di un colore giallo paglierino intenso, limpido e con sfumature a volte dorate. Buona la consistenza. Al naso il Grillo è fruttato con note di pera e melone, rivela note erbacee di thé e foglie di ortica, leggermente floreale con note di fiori di limone. Il sottofondo è piacevolmente agrumato e rivela sfumature di fiori secchi. Al palato il Grillo si presenta come un vino bianco di corpo, fresco per acidità e contenuto minerale. Spesso rivela una nota alcolica discretamente percettibile ed a volte anche importante. Buona la persistenza, con ricordi agrumati e floreali che accompagnano dalla chiusura in bocca.
ll Grillo si abbina ad antipasti di pesce e molluschi, a primi piatti con condimenti di pesce e verdure, a secondi di pesce e crostacei. Può anche accompagnare uova e salumi non troppo saporiti, carni bianche ed alcuni piatti della cucina orientale.
Leggi anche: Vino Bianco “Mozia” da uve Grillo: una storia da romanzo
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Inzolia (Insolia), caratteristiche e suoi vini
In Sicilia l’Inzolia è famoso tradizionalmente come ingrediente nei vini fortificati di Marsala, ma negli ultimi tempi è visto sempre di più come vino bianco secco e fresco, sia in uvaggi che come vino varietale. I vini da Inzolia sono moderatamente aromatici e tendono a presentare caratteri fruttati e agrumati con note erbacee. Oggi, l’Inzolia si trova in tutta la Sicilia, in particolare a Palermo e Agrigento. E ‘consentito come uva da taglio in molte denominazioni DOC dell’isola.
L’Inzolia aggiunge ai vini prodotti con Catarratto e Grillo una singolare nota di nocciole tostate. La tendenza dell’Inzolia a perdere decisamente l’acidità col progredire della maturazione è il fattore che lo ha fatto divenire l’elemento portante dei vini Marsala, ma il miglioramento delle tecniche di vinificazione e il cambiamento delle tendenze di consumo ha comportato anche per l’Inzolia una modifica significativa delle tipologie di vino nel quale viene impiegato.
Il vino prodotto da ciascun vitigno, vinificato in purezza, possiede caratteristiche organolettiche ben precise. Le caratteristiche organolettiche dei vini prodotti con il vitigno Inzolia sono:
Il vino che si ottiene dal vitigno Inzolia è di colore Giallo paglierino. Al palato è fresco, Fruttato, Erbaceo. Fresco perchè lascia in bocca una decisa sensazione di freschezza, dovuta alla sua acidità, in grado di procurare un’abbondante salivazione. La maggior parte dei vini giovani e di buona fattura, oltre a praticamente tutti gli spumanti, ricade all’interno di questa categoria. Note fruttate: Sono di origine quasi sempre fermentativa, anche se possono essere legate a marcatori caratteristici di determinati vitigni. In genere, profumi di frutta bianca sono presenti nei vini bianchi. Le note erbacee, che riportano a fragranze di erba tagliata, fieno, foglia di pomodoro, peperone verde, bosso, sono in genere caratteristiche fragranze di origine primaria, ossia legate al vitigno.
Leggi anche: Insolia e Grillo per un Vino Bianco Indimenticabile: Adènzia DOC Cristo di Campobello
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Il Nerello Mascalese ed i suoi Vini Rossi Etna DOC, scopri di più.
Il Nerello Mascalese ed il Nerello Cappuccio dell’Etna. Questi due vitigni prettamente siciliani ed etnei allignano da secoli sulle pendici del vulcano. Sono sopravvissuti alla pandemia della Fillossera della seconda metà dell’800, e perciò si chiamano anche “vitigni reliquia”.
Per conoscere la loro affascinante storia ed i pregiati vini che si producono grazie a questo fantastico uvaggio rimandiamo il lettore a precedenti ed esaustivi articoli del Blog di Sikanfood. In quanto la vocazione vitivinicola etnea ha richiamato molte cantine siciliane a vinificare sull’Etna. Le condizioni pedoclimatiche del vulcano infatti hanno richiamato molti enologi a confrontarsi con esse con la consapevolezza che i terroir etnei ed i suoi frutti possono donare vini dal fascino accattivante e di qualità sopraffina.
Vini Etna DOC Benanti pre-Fillossera
La Cantina Donnafugata alle pendici dell’Etna: Contrada Marchesa DOC 2017
Il Nerello Mascalese ed i suoi Vini Rossi Etna DOC
Vini Tascante dell’Etna. Una Visione, un Progetto, un’Impresa
I tradizionali vitigni ad alberello del Nero d’Avola siciliano
La coltivazione del Nero d’Avola si perde nella notte dei tempi. Furono gli antichi Greci che colonizzarono la Magna Grecia Siciliana ad importare questo robusto vitigno, in quanto riscontrarono precisamente nei territori della Sicilia sud-orientale e soprattutto nei terreni aridi e sabbiosi della costa che poi sarebbe stata di Avola, l’habitat vocato all’impiantagione del vitigno.
Grandi conoscitori dell’arte del vino usavano chiamare la Sicilia “Enotria”: la terra del vino, in quanto buoni conoscitori dei territori del Mediterraneo, riscontrarono subito le grandi potenzialità dei Terroir siciliani per la vitivinicoltura. Non si pensi che ciò sia solo un retaggio di un antico passsato, in quanto la loro tradizione di coltivazione dell’uva si è protratta sino ai nostri giorni, ed il vitigno di Nero d’Avola cresce ancora ad “alberello” così come loro lo avevano impiantato nei tempi antichi.
Enologi ed agronomi delle cantine siciliane si confrontano continuamente con passione con la vinificazione delle sue uve coltivate nelle diverse aree della Sicilia, sia a livello del mare che in collina, declinando le sue proprietà in vini di vario carattere.
Per maggiori ed esaustive informazioni sul Principe dei vini di Sicilia rimandiamo il lettore ad un precedente e completo articolo del nostro Blog.
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Moscato Bianco di Siracusa, caratteristiche e suoi vini. Un vino tra mito e leggenda.
Sicuramente una perla d’eccellenza fra i vini siciliani. Vino da dessert profumato e aromatico, il Moscato di Siracusa, tra i migliori vini dolci siciliani, ha conquistato il mondo.
Si tratta di Moscato bianco, un antico vitigno già noto ai Greci. Questa varietà di vite è originaria del Mediterraneo orientale: i Greci ne avrebbero portato alcuni ceppi in Sicilia, durante i viaggi di colonizzazione dell’Italia meridionale. I Romani contribuirono alla sua diffusione. Per loro, l’uva del Moscato era conosciuta come “apiana“, perché prediletta dalle api. La storia del Moscato Siracusano mescola tradizione e leggenda. I Corinzi, tra il 734 e il 733 a.C., salparono in cerca di una nuova patria e portarono con loro alcuni ceppi di vite. Tra queste, vi era anche la “Biblina”, uva bianca e dolcissima, molto aromatica. Furono loro a diffondere in Sicilia le tecniche di coltivazione della vite, affinate poi dai Romani. Le produzioni erano già di ottima qualità. Il vino fu a lungo a Siracusa una fonte economica.
Si narra che il tiranno Falaride avesse una figlia cieca. La fanciulla era ghiotta dell’uva dolce che cresceva nella sua città, Siracusa, in una vigna che veniva custodita come un tesoro. Un servo cacciava via gli insetti che avrebbero potuto danneggiare gli acini. Un giorno, stremato, si addormentò. Al risveglio scopri che le api avevano bucherellato gli acini. Quando la fanciulla li assaggiò, però, scoprì che erano più dolci e le piacquero di più: che fosse stata Demetra a far addormentare il servo?
I vitigni di Moscato siciliani hanno rischiato di scomparire alla fine dell’Ottocento, a causa della fillossera. Nel 1973 e nel 2011 sono stati approvati due disciplinari che gli attribuiscono la DOC.
Il vino Siracusa DOC Moscato è una delle tipologie di vino previste dalla denominazione , una DOC della regione Sicilia. I disciplinari delle denominazioni DOC prevedono al loro interno specifiche tipologie di vino, che si caratterizzano per la loro composizione ampelografica, ossia per i vitigni ammessi per la loro produzione, per le procedure di vinificazione e per le specifiche caratteristiche organolettiche del vino. I vitigni che rientrano nella composizione del vino Siracusa DOC Moscato sono Moscato bianco min.85%. Le caratteristiche organolettiche del Siracusa DOC Moscato prevedono un colore Giallo dorato, più o meno intenso, Giallo ambrato. Il profilo olfattivo del vino Siracusa DOC Moscato è caratteristico, Aromatico e al palato risulta dolce.
Zibibbo di Pantelleria, Patrimonio UNESCO dell’Umanità
Lo Zibibbo è una delle rarissime uve al mondo a triplice attitudine: è uva da vino, è buonissima da mangiare e ideale da appassire. Questa sua straordinaria capacità di adattamento è fra le ragioni della sua lunghissima storia, che risale a 5.000 anni fa.
Universalmente conosciuto come Moscato d’Alessandria, lo Zibibbo affonda le proprie radici nella civiltà dell’Antico Egitto, dove sarebbe stato esportato da popolazioni fenicie, ovvero adattato in seguito agli intensi scambi commerciali fra i popoli che abitavano la Mezzaluna Fertile.
Lo Zibibbo fu portato in Sicilia nel Sud Italia dai Greci, diventando una fra le varietà più diffuse e interessanti del Mediterraneo occidentale intorno all’800-700 a.C.
Lo Zibibbo è conosciuto in Sicilia principalmente con la sua denominazione araba, Z’bīb, che significa semplicemente “uva passa”. In Sicilia, la produzione maggiore si concentra nella provincia di Trapani. Pantelleria, splendida piccola isola nel mezzo del Mediterraneo, è stata dichiarata patrimonio mondiale dell’UNESCO per i tradizionali metodi di viticoltura ancora utilizzati nella coltivazione delle viti (alberello pantesco).
In Italia troviamo lo Zibibbo soprattutto in Sicilia, dove, coltivato tradizionalmente anche come uva da tavola o da appassimento, dà grandi vini come il Passito di Pantelleria.
Lo Zibibbo è fra le poche uve da vino aromatiche esistenti. Come il Gewürztraminer, il Riesling e il Sauvignon Blanc, i suoi acini sono ricchissimi di composti organici aromatici chiamati terpeni. Lo Zibibbo, in particolare, ha una eccezionale concentrazione di linalolo, geraniolo e nerolo.
È una varietà resiliente: sebbene sensibile all’eccessiva umidità, resiste molto bene alla siccità dei climi più caldi, ed è per questo che di recente è oggetto di numerosi studi relativi al futuro della viticoltura in una prospettiva di cambiamento climatico.
Ad una lunga storia di adattamento ai diversi terroir lo Zibibbo deve la propria grande variabilità intra-varietale, che ha contribuito allo sviluppo di caratteri distintivi molto specifici e tipici in ciascuna zona di coltivazione. Lo Zibibbo viene utilizzato sia per la produzione di vini secchi che spumantizzati, ma soprattutto di vini dolci, come il Moscato Passito di Pantelleria. I vini dolci dello Zibibbo sono straordinariamente ricchi, di colore dorato profondo, con una grande gamma olfattiva alle albicocche, ai fiori specialmente quelli di acacia, al miele. Al palato sono strutturati, dolci, di corpo ma con una sapidità, acidità e lunga persistenza. Sono tendenzialmente vini molto alcolici e dal contenuto zuccherino molto alto. Anche i vini secchi e gli spumanti sono molto aromatici, di colore paglierino e delicati sentori di frutta bianca e fiori.
Abbinare lo Zibibbo è facile e di grande soddisfazione: dal pesce ai frutti di mare, dalla carne bianca ai formaggi stagionati ed erborinati, l’abbinamento risulterà tanto più interessante quanto più rispetterà lo stile di vinificazione scelto dal produttore, di cui il vino rifletterà le caratteristiche. Inoltre, considerando che molti vini di Zibibbo possono invecchiare per oltre 10 anni, il modo migliore per sperimentare grandi abbinamenti è un’entusiastica ricerca personale.
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Nerello Cappuccio, il fedele compagno Etneo del Nerello Mascalese
In Sicilia il Nerello Cappuccio lo si trova soprattutto nella zona Etnea, infatti cresce sulle pendici del vulcano Etna fra i 350 e i 900 metri s.l.m. Il Nerello Cappuccio concorre per circa il 20% all’uvaggio del vino Etna rosso DOC. Il termine Nerello deriva sicuramente dalla intensa colorazione delle uve, mentre “cappuccio” deriva dal caratteristico portamento della pianta coltivata ad alberello.
Come il Nerello mascalese, con cui concorre alla produzione dell’Etna rosso DOC, anche il Nerello Cappuccio viene raccolto molto tardi, verso la metà del mese di ottobre. Il Nerello Cappuccio ha buona vigoria e resiste sia alle condizioni atmosferiche avverse sia alle infezioni parassitarie che possono compromettere lo stato di salute dell’intera pianta. Dal Nerello Cappuccio si ottiene un vino dal colore rosso rubino con sfumature violacee. Il profumo è intenso e fruttato, con note eteree se sottoposto ad invecchiamento. Il sapore è pieno, dotato di adeguate note di tannicità e grande persistenza aromatica.
Il vino che si ottiene dal vitigno Nerello Cappuccio è di colore Rosso rubino. Al palato è vinoso, fruttato, di corpo. Vinoso: convenzionalmente si definisce “vinoso” quel certo profumo di cantina, di tino, lievemente di fermentazione, che si riscontra in alcuni particolari tipologie di vini rossi giovani. Le note fruttate sono tra le più comuni, presenti in moltissimi vini, sia bianchi che rossi o rosati. Sono di origine quasi sempre fermentativa, anche se possono essere legate a marcatori caratteristici di determinati vitigni. Vino “di corpo”. Si dice “di corpo” o “mediamente strutturato” un vino con un buon contenuto di sostanze estrattive. Parliamo quindi di un vino ottenuto da uve mature, ricche di zuccheri e di sostanze complementari. In termini di analisi si può far riferimento a vini il cui estratto secco sia compreso tra i 29 e 44 g/l e il cui contenuto in alcol sia compreso tra i 13 e i 14° in volume.
Perricone (Guarnaccio) e suoi vini
Il vitigno Perricone è un autoctono a bacca nera originario della Sicilia occidentale. A fine Ottocento il Perricone era il vitigno più coltivato nelle province di Palermo e Trapani (dove viene chiamato Pignatello) e lo si trovava anche nelle province di Caltanissetta e Agrigento. Il suo sinonimo Pignatello secondo alcuni deriva dalle “pignatidare”, le terre rosse alluminose del Trapanese, che venivano chiamate così perché impiegate per la fabbricazione delle “pignatte” da cucina in terracotta. Questa tipologia di terreno è particolarmente vocata per il vitigno Pignatello, da cui il nome. Il Perricone viene utilizzato per la produzione del Marsala Ruby, grazie al quale ha trovato inizialmente grande sviluppo. Nella prima metà del Novecento, quando il consumo di Marsala è andato progressivamente riducendosi, la coltivazione del Perricone si è ridotta a sua volta, fino a subire un abbandono pressoché totale.
Il Perricone è tornato oggi ad essere un vitigno importante ed è incluso nei disciplinari di molte denominazioni del Palermitano, dell’Agrigentino e del Messinese, quali le DOC di Contea di Sclafani, Delia Nivolelli, Eloro, Monreale, Marsala rubino e in numerose IGT. Viene vinificato anche in assemblaggio dove trova nel Nero d’Avola un compagno ideale per vini di alta qualità. Nell’Ottocento il Perricone era per diffusione il più importante vitigno a bacca nera dell’isola, mentre oggi deve necessariamente cedere il passo ad un secolo di difficoltà. Il Perricone subì infatti a metà dell’Ottocento la grave crisi causata dalla fillossera, mostrando anche una sensibilità maggiore al parassita rispetto ad altre uve. Nonostante ciò, la coltivazione del Perricone riprese fino ad arrivare ai nostri giorni, anche se la seconda crisi, quella relativa ai consumi di Marsala, non fece recuperare al vitigno le estensioni coltivate degli anni precedenti. Ancora oggi il territorio di elezione per il Perricone rimane la Sicilia occidentale, dove viene coltivato con metodi di allevamento poco espanso e potature corte o miste, in alcuni casi in controspalliera.
Il Perricone ha rese costanti e un’ottima vigoria. Il suo germogliamento è precoce, mentre la maturazione è di epoca media. Il Perricone presenta grappoli di media grandezza, di forma conico-piramidale, allungati, alati e di densità compatta. Gli acini sono medi, rotondi e pruinosi, con bucce di spessore, dal colore blu molto scuro, quasi nero.
I vini del Perricone in purezza si presentano al naso con una gamma speziata di ginepro e pepe nero, con note di frutti rossi e di marasca in confettura, prugne e ciliegie, su di un sottofondo delicatamente vegetale. Al palato il vino manifesta una straordinaria eleganza, caratterizzata da una base tannica solida e morbida, un buon tenore alcolico e lunga persistenza. Il Perricone in purezza si accompagna ottimamente a zuppe, ai formaggi e alle carni rosse anche elaborate.
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Davide Scalora, Sikanfood